Natale: Il valore economico è troppo determinante nell’attuale percezione dell’arte
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L'estrema democratizzazione dei servizi e della qualità della vita, le tecnologie sempre più emancipanti, portano molti a cercare fortuna nei settori più disparati e lontani dalle loro possibilità.
Nasce la necessità di una piccola base economica da cui partire, in luogo della quale si può far parte di un circolo virtuoso: in una società ricca un individuo che vuole prendere iniziativa è più avvantaggiato di uno che vive in una società povera. Nel reperimento dei mezzi, acquirenti, forniture. Lo scoglio delle società opulente è che il singolo, come l'artista, non è in grado di competere con le grandi multinazionali.
Purtroppo, anche se l'istruzione pubblica permette a tutti di accedere alla conoscenza, vi è pur sempre il condizionamento della società in cui l'istituzione è presente. Nelle società dei consumi occidentali queste 'esperienze non comuni' sono difficili da riconoscere dal ceto medio, abituato a prassi consumistiche ormai consolidate: si pensi ai prodotti di grande successo come lo smartphone, la tv a schermo piatto, l'automobile etc... Riscontriamo una serie di dinamiche un tempo sconosciute. Il condizionamento che l'economia esercita sul prodotto artistico è già in essere e inevitabile allorchè l'habitat umano è costituito da 'store' virtuali e fisici che vendono prodotti di consumo. Perciò viviamo nel paradosso di in una società ricca ma che difficilmente è in grado di produrre una qualità dei consumi e un discernimento.
Nel caso dell'arte, come nella giustizia e nella politica, la speculazione economica va ricondotta nel suo alveo e permettere all'arte di sopravvivere alla corruzione e alla volgarità degli interessi personali. L'area dell'arte é un'area pubblica e in quanto tale, sacra. Non vi é moralità nell'arte, né etica nell'arte, ma nei rapporti che ne animano il sistema e la storia. Anima comune sempre piu difficile da riconoscere e rispettare.
Davide Tedeschini