Mosaico monumentale

22.08.2023

 Il 'mosaico' è lungo 11 metri e alto c.a 1,20 m e rappresenta il paesaggio di Monterotondo, importante centro urbano ai bordi della capitale. Realizzato dal prof. Davide Tedeschini, aiuti e studenti, è un'opera dal cromatismo acceso che coniuga un linguaggio schematico ad una fantasia evocante le realizzazioni plastiche della storia dell'arte italiana che fin dal Medio Evo hanno animato le pareti di chiese e palazzi pubblici: dall'affresco della "Cacciata dei diavoli da Arezzo" di Giotto del 1299, all'affresco  della città  nel ciclo delle "Storie della Vera Croce" della chiesa di San Francesco affrescata da Piero della Francesca nel 1466, così come è lecito pensare a un qualsiasi centro del Rinascimento italiano descritto in opere pittoriche prospettiche al cui centro vi è l'edificio pubblico, come nelle città ideali di Leon Battista Alberti, ricche di volumi, organizzati con impressionanti sottosquadri scatolari che ispireranno il successivo contrapposto michelangiolesco. 

Nella modernità i colori complementari sostituiscono il  disegno: nello spazio impressionista -così come nell'opera realizzata- le luci e le ombre degli edifici sono rese con colori complementari mentre i volumi si costruiscono a piani. Così avviene anche nelle montagne di Cezanne o nelle scatole cubiste: non a caso il moderno Picasso da un viaggio in Spagna vide "le case come cubi" che lo portarono all'invenzione del nuovo stile con il suo compagno George Braque. 

Qual è il linguaggio dell'opera? Cubismo, postcubismo o pittura a losanghe di Matisse o  Mondrian, dove superfici colorate si controbilanciano tramite i diversi toni, così come in Kandiskij  diventano punto, linea e superficie?

 Il linguaggio dell'opera associato a forme pure è ricorrente nella poetica di alcuni architetti come Aldo Rossi, (il Teatro del Mondo, 1979 ) alla ricerca dell'identità italiana, che si riconosce principalmente nella città storica e nel suo paesaggio fatto di edifici solitari, cipressi su colline e sconfinate valli. La profondità è resa con espedienti come le case a zig-zag, o la differenza di scala di uno stesso oggetto:  grande in primo piano, minuscolo all'orizzonte così come soleva fare Paul Klee a inizio secolo. 

Spicca piuttosto l'uso del modulo quadrato, la stessa piastrella che, come in un lavoro di Bruno Munari viene utilizzata per la realizzazione di tutti gli oggetti visibili, fino a far diventare le stelle 'quadrati' che navigano in un cielo terso -così come Munari (1907-1998) usa le foglie dell'insalata per disegnare rose- o tramite la scelta stilistica di non rappresentare finestre o tronchi di albero piuttosto che fiori se non con mattonelle fuori posto, nell'esigenza tecnica di coprire superfici estese con lo stesso stile. Il tutto  conserva la precisione dell'allineamento e una sorta di codice linguistico alternativo, che passa dal mosaico all'opera muraria modulare.

Niente a che vedere con automatismi pixelati che vanno tanto di moda ma spesso sono il risultato dell'intelligenza artificiale che non può sempre sostituirsi alla creatività individuale. La resa dello spazio è infatti una novità: 

un sistema misto nato dall'assenza della prospettiva scientifica sostituita da un'assonometria il cui piano orizzontale è parallelo al calpestio, che rende il gioco dei volumi immediato nell'assecondare  il verso di percorrenza della strada; mentre il palazzo comunale si trova in uno dei due punti di fuga di una ideale prospettiva accidentale. D.T.